Un discorso tutto a parte merita Nino Surguladze, magnifico mezzosoprano dalla tecnica e dal fraseggio finissimi, ma che per lunghi tratti patisce la poca propensione al cantabile di Steinberg nella circostanza, così che la fascinosa cantante goeorgiana ripetutamente allunga il levare dei sui ingressi, ma prontamente l’orchestra dilata l’intera battuta successiva, salvo riprendere il tempo iniziale a chiusura della frase.
Nei due atti conclusivi, anche per l’evoluzione della linea di canto e della psicologia di Amneris, Nino Surguladze prende in mano le redini delle frasi e la buca orchestrale si adegua a vantaggio della bellezza del canto. Di Giovanni Meoni si può solo dire che regala una lezione di canto baritonale verdiano, con quel sentimento paterno che al Bussetano è caro e che anima i più nobili personaggi dei suoi melodrammi, da Miller, a Rigoletto e in un certo senso a Giorgio Germont. Fiero guerriero e tenero padre, colore brunito e ed emissione proiettata. Chapeau. Solido, austero e sonoro il Ramfis di Riccardo Zanellato che ben si confronta con il Re, cui dà voce Dario Russo.